Come si prevede la nebbia?
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- RaffoxBS
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Come si prevede la nebbia?
Mi sono sempre chiesto come, a guardare i modelli meteo, si fa a prevedere che ci sarà la nebbia.
Spero che qualcuno possa risponedermi!
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- StefanoBs
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Re: Come si prevede la nebbia?
E' una domanda da mille milioni di dollari.. la nebbia è uno dei pochi fenomeni in cui l'esperienza e l'intuito nel leggere le carte sono fondamentali. Non esiste infatti in rete un vero parametro che ti permette di rilevare se ci sarà nebbia o meno.. o cmq quelli che ci sono, sono poco precisi.
Ciò che serve sostanzialmente sono questi fattori:
1) Alta pressione
2) Alta umidità (quindi assolutamente non ci devono essere correnti settentrionali, parlo del Nord Italia)
3) Venti assenti
4) Periodo Fine Ottobre-Inizio Marzo (per quelle diffuse)
Ciò che serve sostanzialmente sono questi fattori:
1) Alta pressione
2) Alta umidità (quindi assolutamente non ci devono essere correnti settentrionali, parlo del Nord Italia)
3) Venti assenti
4) Periodo Fine Ottobre-Inizio Marzo (per quelle diffuse)
La felicità non consiste nell'angoscioso raggiungimento di un obiettivo, ma nell'attimo in cui si percepisce la grandezza di ciò che già si possiede.
- RaffoxBS
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Re: Come si prevede la nebbia?
Grazie Stefano! Quindi con alta pressione intendi che bisogna essere più vicini possibile al minimo?
- simone
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Re: Come Si Prevede La Nebbia?
ci deve essere alta pressione e umidità ma non umidità in quota. l'ideale è poca umidità dagli 850hPa in su ma anche + in basso per evitare la formazione di nuvolosità.
poi prevederla è un rebus. i modelli ci stanno lavorando ma spesso i microclimi o le conche creano situazioni non prevedibili. andando a lavorare in inverno capita di beccare banchi di nebbia e poi buona visibilità...
su meteobrescianetwork c'è l'intervista che feci a silvio davolio che lavora alle Moloch è c'è una domanda che parla dell'aspetto nebbia
poi prevederla è un rebus. i modelli ci stanno lavorando ma spesso i microclimi o le conche creano situazioni non prevedibili. andando a lavorare in inverno capita di beccare banchi di nebbia e poi buona visibilità...
su meteobrescianetwork c'è l'intervista che feci a silvio davolio che lavora alle Moloch è c'è una domanda che parla dell'aspetto nebbia
- oscarbs
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Re: Come si prevede la nebbia?
RaffoxBS ha scritto:Grazie Stefano! Quindi con alta pressione intendi che bisogna essere più vicini possibile al minimo?
Visto che parliamo di alta pressione, credo che tu forse volevi dire massimo!
Re: Come Si Prevede La Nebbia?
infatti si ...con il minimo e' difficile che si formi...
Re: Come Si Prevede La Nebbia?
IO ho notato che le rare volte che la nebbia(da avvenzione)risale la valle fino qui sulla bassa ci sono nubi basse ...di solito accade quando arriva un peggioramento....fenomeno cmq raro.
Quando sulla bassa fa i nebbioni di una volta .... .....qui il cielo è serenissimo e limpido con linea grigia verso bergamo citta e c'è sempre il borino da NE .....
...più foschia c'è in valle di notte meno nebbia c'è in pianura..... di giorno col girar del vento da NE a SW la foschia aumenta e a volte la nebbia si forma tra le 16 e le 18 spinta dal sw....poi coll'arrivo del NE luna e stelle splendenti.....
ciao
Quando sulla bassa fa i nebbioni di una volta .... .....qui il cielo è serenissimo e limpido con linea grigia verso bergamo citta e c'è sempre il borino da NE .....
...più foschia c'è in valle di notte meno nebbia c'è in pianura..... di giorno col girar del vento da NE a SW la foschia aumenta e a volte la nebbia si forma tra le 16 e le 18 spinta dal sw....poi coll'arrivo del NE luna e stelle splendenti.....
ciao
link STAZIONE METEO COLZATE (BG) 415mt slm:
http://colzatemeteo.altervista.org/colzate.htm
STOP ALL'ATLANTICO MITE IN INVERNO
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Re: Come si prevede la nebbia?
RaffoxBS ha scritto:Grazie Stefano! Quindi con alta pressione intendi che bisogna essere più vicini possibile al minimo?
No, anzi.. tendenzialmente devi trovarti sui settori marginali dell'alta pressione, preferibilmente a settentrione.
Ad esempio quando l'alta pressione si trova nel Sud Italia nei massimi, noi spesso abbiamo nebbia. Se invece i massimi sono sopra di noi, la nebbia la ritroviamo sul Centro Europa.
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- RaffoxBS
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Re: Come si prevede la nebbia?
Grazie a tutti delle risposte!
Mi sono confuso!
oscarbs ha scritto:RaffoxBS ha scritto:Grazie Stefano! Quindi con alta pressione intendi che bisogna essere più vicini possibile al minimo?
Visto che parliamo di alta pressione, credo che tu forse volevi dire massimo!
Mi sono confuso!
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Re: Come si prevede la nebbia?
interessante... chissà se ritorneranno le nebbie dei anni 90...
- simone
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Re: Come Si Prevede La Nebbia?
Liriometeo ha scritto:interessante... chissà se ritorneranno le nebbie dei anni 90...
alcuni episodi li dimenticherei volentieri però anche se a distanza di anni sono felice di aver vissuto quei giorni. il periodo fra il natale e il capodanno del 1988 furono bestiali. mi ricordo che il sole compariva timidamente per un'oretta al giorno verso le 14 circa prima di essere inghiottito dalla nebbia + fitta che ho mai visto.
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Re: Come si prevede la nebbia?
ero ero più fortunato , cologne essendo alle pendici del monte orfano raramente ha nebbia per 24h anche se successe per 7 gg di fila ma fù una vera eccezione , comunque bastava salire in collina eheheh ricordo un differenza di temperatura o escursione termica che dir si voglia di: -2 in paese +7 in collina
- StefanoBs
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Re: Come si prevede la nebbia?
StefanoBs ha scritto:RaffoxBS ha scritto:Grazie Stefano! Quindi con alta pressione intendi che bisogna essere più vicini possibile al minimo?
No, anzi.. tendenzialmente devi trovarti sui settori marginali dell'alta pressione, preferibilmente a settentrione.
Ad esempio quando l'alta pressione si trova nel Sud Italia nei massimi, noi spesso abbiamo nebbia. Se invece i massimi sono sopra di noi, la nebbia la ritroviamo sul Centro Europa.
Ecco una situazione tipica da nebbia:
1) Nei giorni precedenti vi sarà alta umidità, anche dovuta ad alcuni peggioramenti
2) Periodo dell'anno già più consono alla formazione di nebbie diffuse
3) Anticiclone, che non ha i massimi su di noi.
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Re: Come Si Prevede La Nebbia?
Grazie Stefano! Adesso ho capito quali devono essere le condizioni per cui si possa formare!
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Re: Come Si Prevede La Nebbia?
Interessante spiegazione.
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Re: Come Si Prevede La Nebbia?
Permettetemi un copia-incolla dal sito: http://digilander.libero.it/meteocastelverde/nebbia.htm
Un'interessante articolo sulla nebbia.. al termine del quale ci sono due riflessioni importanti (della prima se ne parla sovente, della seconda non mi pare).
Un'interessante articolo sulla nebbia.. al termine del quale ci sono due riflessioni importanti (della prima se ne parla sovente, della seconda non mi pare).
Chiunque l'abbia incontrata nella sua vita, anche una sola volta, mentalmente associa alla nebbia l'idea di un ambiente umido e con visibilità molto scarsa. Ed in qualche modo la meteorologia da una definizione analoga: per nebbia si intende la condensazione del vapore acqueo in prossimità del suolo in minuscole goccioline di acqua, dell'ordine dei 5-10 micron, che modificano le proprietà ottiche dell'aria riducendo la visibilità orizzontale al di sotto di un chilometro. La si distingue quindi dalla foschia che viene segnalata se le goccioline, meno consistenti e presenti in minor numero, permettono una visibilità inferiore ai 10 chilometri ma comunque superiore al chilometro. A titolo di curiosità aggiungiamo che si parla di caligine quando il nostro occhio non può spaziare oltre i 10 chilometri per colpa non di particelle umide ma di pulviscolo secco di varia natura. Detto questo possiamo così riassumere:
Caligine: visibilità superiore ai 10 chilometri
Foschia: visibilità compresa fra 1 e 10 chilometri.
Nebbia spessa: visibilità fino a 200 metri.
Nebbia fitta: visibilità fino compresa fra 30 e 50 metri.
Nebbia densa: visibilità inferiore a 30 metri.
Se si torna ai concetti introdotti nella sezione riguardante la pioggia a proposito delle nubi, appare subito una stretta analogia: nubi e nebbie sono entrambe il risultato della condensazione del vapore acqueo presente nell'aria. Se infatti non si va ad indagare nel dettaglio sulle modalità attraverso le quali avviene questa condensazione, una nebbia si distingue da una nube solo per il semplice fatto che la sua base coincide con il suolo. La nebbia, proprio perchè ha la sua sede naturale vicino al suolo, modifica profondamente l'habitat dell'uomo assumendo connotati soprattutto negativi; se si escludono il ruolo di musa ispiratrice, insito nel suo nascondere le forme e lasciar così spazio alla fantasia umana e la più pratica capacità di mantenere leggermente più umidi i terreni durante prolungati periodi di siccità invernale, non rimangono che i problemi legati alla viabilità sia terrestre che aerei. Anche l'agricoltura può essere influenzata negativamente dalla nebbia, che schermando il suolo, riduce considerevolmente l'apporto di calore del sole alle colture, sia perchè l'eccessiva umidità può favorire l'insorgere di patologie nelle piante, in particolare nel periodo primaverile quando nascono e crescono i nuovi germogli.
La nebbia influenza in modo diretto anche il benessere fisiologico dell'uomo. Infatti in un ambiente molto umido e con temperature al di sotto dei 2-3 gradi centigradi, situazione molto frequente in un giorno nebbioso, l'organismo umano avverte un disagio, detto da freddo umido, che aumenta la sensazione assoluta di freddo. Questa sensazione, associata anche alla scarsa luminosità di un giorno di nebbia, è fonte anche di un maggior dispendio di energia in termini di riscaldamento e consumo di elettricità. Ultimo, ma non per importanza, è il connubio fra la nebbia e l'inquinamento. Non per nulla la parola smog deriva dall'inglese smoke (fumo) e fog (nebbia). Sono infatti più di uno i motivi per cui nebbia ed inquinamento vanno spesso a braccetto. Innanzitutto come vedremo meglio in seguito, le condizioni atmosferiche favorevoli per la formazione della nebbia prevedono che l'aria vicina al suolo sia statica, stagnante e quindi ideale per un progressivo accumulo degli inquinanti che non si disperdono e non si diluiscono, ma si concentrano vicino alla loro fonte, spesso e volentieri quindi in coincidenza dei centri urbani. Le particelle inquinanti aumentano inoltre la durata e la frequenza delle nebbie perchè costituiscono il sopporto ideale per la condensazione del vapore acqueo in goccioline di nebbia. A sua volta la nebbia acuisce l'inquinamento: da un lato infatti le goccioline che galleggiano nell'aria incorporano gli inquinanti mantenendoli vicino al suolo, dove possono ridepositarsi sul terreno, sulla vegetazione, sulle case e su qualsiasi tipo di oggetto, dall'altro costituiscono l'ambiente ideale per le reazioni chimiche che trasformano le sostanze chimiche inglobate in prodotti particolarmente tossici e corrosivi per la loro acidità. Studi appropriati hanno evidenziato come l'acidità della nebbia sia anche 100 volte superiore a quella delle piogge acide, notoriamente responsabili in varie parti del mondo di svariati danni provocati a vegetazione e monumenti.
Come si forma la nebbia
Abbiamo già evidenziato come la nebbia non sia altro che una nube la cui base è nei pressi del suolo. Ne consegue che si possa formare solo quando l'aria in prossimità del suolo stesso diventa satura e da inizio alla condensazione. Questo può avvenire per due motivi:
1. Nebbia da evaporazione. Una massa d’aria riceve altro vapore acqueo derivante dall’evaporazione dell’acqua dai fiumi o laghi, oppure dalla parziale evaporazione delle gocce di pioggia in caduta. Quest’ultimo caso è tipico quando si hanno piogge insistenti portate da un intenso flusso di correnti sciroccali.
2. Nebbia da raffreddamento. Appartengono a questa categoria la maggior parte delle nebbie che ogni anno coprono i fondovalle, le zone interne e soprattutto la Pianura Padana. La nebbia da raffreddamento si forma perchè una massa d’aria umida si raffredda ed i motivi che portano al raffreddamento le dividono in:
[*]le nebbie da irraggiamento sono le più frequenti sulle zone pianeggianti o delle valli interne, ma non su quelle costiere. Sono prodotte dal raffreddamento notturno quando il terreno irraggia calore verso l'alto raffreddando uno strato d'aria via via crescente ad iniziare dal suolo. Questo processo è ovviamente favorito quando il cielo è sereno e la ventilazione molto scarsa e produce uno strato nebbioso di spessore in genere intorno ai 100-200 metri e difficilmente al di sopra dei 300 metri. Lo spessore aumenta quando un vento molto debole, comunque sotto ai 2-3 nodi, agevola con piccoli movimenti turbolenti la propagazione del raffreddamento dal suolo verso l'alto. Comunque l'inversione termica che si genera al suolo tende a rendere molto stabile lo strato d’aria sede della nebbia, per cui il vapore acqueo si concentra nello strato più basso e non diffonde verso l'alto con il risultato che la maggior parte delle nebbie non supera i 150 metri di spessore.
[*]le nebbie da avvezione si producono all'interno di masse di aria umida e relativamente calda che scorrono lentamente su una superficie o una massa di aria fredda. Le nebbie da avvezione non sono legate ad un particolare momento della giornata, si sviluppano sul mare quando una massa di aria calda ed umida scorre sulla superficie marina più fredda e durante il giorno, quando si attivano i venti di brezza, possono raggiungere la costa.
Alle nebbie da avvezione appartengono anche quelle formate da:
[*]aria calda marittima che invade durante le ore notturne la più fredda terraferma,
[*]aria fredda che dai pendii montani di notte scende e si accumula nel fondovalle
Le nebbie di pendio si formano lungo i versanti delle montagne quando aria umida dal fondovalle muove molto lentamente verso monte. Le nebbie di pendio sono difficilmente distinguibili dalle nubi ma vengono classificate come nebbie solo perchè la loro base è a contatto con il suolo. Si formano nel periodo estivo durante una fase di tempo stabile quando i moti delle masse d’aria sono governati dalle brezze. Durante il giorno l'aria calda e umida delle valli risale i pendii sospinta dalle brezze e, raggiunta la quota di saturazione, da luogo allo strato nebbioso.
Le nebbie possono poi distinguersi in nebbie calde o nebbie fredde, a seconda della temperatura dell'aria vicino al suolo. Quando la temperatura dell'aria nei pressi del suolo è sotto lo zero le goccioline sopraffuse coesistono a minuscoli cristalli di ghiaccio. Un segno evidente che distingue i due casi è la presenza sul terreno della rugiada o della brina. La rugiada infatti è costituita dalle goccioline d'acqua che in ambiente nebbioso condensano sul terreno e su ogni oggetto presente al suolo (a onor del vero la rugiada può formarsi anche in assenza di nebbia nelle notti fresche, serene e poco ventilate ma sicuramente non vi può essere nebbia senza rugiada). Se l'aria al suolo è ad una temperatura inferiore allo zero la rugiada lascia il posto alla brina formata da cristalli di ghiaccio. In presenza dello strato nebbioso la brina arriva a ricoprire perfino gli oggetti che si stagliano anche ad alcuni metri sopra il suolo e si parla in tal caso di galaverna.
Condizioni che favoriscono la formazione delle nebbie
Da quanto detto fino ad ora è quasi sott’intesa l'equazione:
[size=18]nebbia = aria umida al suolo + cielo sereno + scarsa ventilazione.
Questa ricetta, vera in particolare per le nebbie da irraggiamento, si riscontra nel periodo invernale con un'area di alta pressione che si insedi in maniera stabile per più giorni. Alle alte pressioni infatti sono generalmente associati venti modesti ed il vapore acque liberato dai fiumi, dai laghi e dalla vegetazione tende ad accumularsi, aumentando il tasso di umidità, anche senza un vero e proprio afflusso di aria umida. L'alta pressione è anche garante di bel tempo e di cielo sereno durante la notte, con il conseguente forte raffreddamento e la formazione di spesse inversioni termiche che stabilizzano ulteriormente gli strati bassi dell'atmosfera. Qualora poi l'alta pressione persista per parecchi giorni sulla medesima area, il riscaldamento per subsidenza crea in quota un'altra inversione termica, che in genere si salda con quella prodotta dall'irraggiamento notturno. Ne consegue un unica inversione termica stabilizzante dello spessore anche di 600-800 metri. Sono queste in genere le condizioni ideali per la formazione delle nebbie più dense e persistenti sulle pianure dove la nebbia non si dissolve nemmeno nelle ore diurne, soprattutto lungo i corsi d'acqua, dove l'aria fredda, scivolata dalle aree circostanti più elevate, tende a ristagnare.
Per le nebbie da avvezione è invece fondamentale il trasporto di aria umida su superfici più fredde, per cui la loro formazione è strettamente legata al tipo di circolazione. Un esempio per tutti: sul medio ed alto Adriatico la nebbia si forma quando aria umida e tiepida, sospinta da deboli venti di Scirocco, sale dal Mediterraneo meridionale all'Adriatico settentrionale, incontrando via via acque più fredde, con temperature più basse anche di 3-5 gradi centigradi. La nebbia invade anche i litorali, oppure può formarsi proprio in prossimità di essi, quando l'aria umida incontra la terraferma fredda. In conclusione la frequenza di queste nebbie segue da vicino la frequenza con cui spirano i venti propizi alla loro formazione.
La densità delle nebbie dipende dall'umidità assoluta dell'aria, ossia dal suo contenuto d'acqua, e dalla dimensione delle goccioline che la compongono. In particolare la visibilità si riduce all'aumentare dell'umidità ed al diminuire del diametro delle goccioline. In Pianura Padana circa la metà degli eventi di nebbia avvengono con riduzione della visibilità al di sotto dei 200 metri, quindi con un'evidente sproporzione verso il basso all'interno dei 1000 metri necessari per poter parlare di nebbia. Visibilità superiore ai 400-600 metri si ha in genere solo temporaneamente durante la formazione o soprattutto nella fase di dissolvimento della nebbia, processo questo che richiede anche qualche ora. Vale la pena a tal proposito notare come, soprattutto nelle nebbie da irraggiamento che persistono per qualche giorno, esista una sorta di evoluzione ciclica con la nebbia che si dissolve o si dirada solamente nelle ore centrali del giorno per poi intensificarsi nuovamente dopo il tramonto. E' infatti il calore portato dai raggi solari che regola questo andamento: dopo l'alba la parte di calore che riesce ad attraversare lo strato nebbioso permette un seppur limitato riscaldamento del suolo che si trasmette immediatamente all'aria soprastante con conseguente evaporazione delle goccioline di nebbia che comincia quindi ad attenuarsi dal basso verso l'alto così come dai bordi dell'area nebbiosa verso il suo centro. La visibilità quindi migliora gradualmente ma il cielo appare ugualmente coperto da una specie di nuvolosità bassa fino a che tutto lo strato nebbioso si sia dissolto. In genere al dissolvimento per evaporazione si accompagna anche un parziale sollevamento dovuto a deboli moti verticali che facilitano ulteriormente la scomparsa della nebbia.
Se lo strato nebbioso è sufficientemente denso può capitare che le ridotte ore di luce in inverno non siano sufficienti ad apportare il calore necessario a dissolverlo completamente. In tal caso, anche se la visibilità migliora durante il giorno, il cielo non si apre, rimane grigio e le temperature in prossimità del suolo rialzano di poco dai valori minimi del primo mattino. Anche l'arrivo, successivo alla formazione delle nebbie, di nubi più alte che oscurino il cielo può favorire la loro persistenza durante il giorno.
La nebbia in Italia.
Sicuramente potremmo definire il fenomeno nebbia "poco democratico" sia per come ripartisce la sua presenza durante l'anno sia per come si distribuisce geograficamente sulla penisola italiana. Anche da un rapido esame delle mappe stagionali relative ai giorni di nebbia, salta subito all'occhio come il fenomeno sia soprattutto autunnale ed invernale. Nella stagione primaverile la sua presenza si riduce di due terzi e nel periodo estivo si limita ad apparizioni saltuarie e fra l'altro molto localizzate. Lo testimonia infatti la scala che accompagna queste mappe che si spinge fino ai 45, 50 giorni per l'autunno e per l'inverno, ma si ferma ai 16 giorni in primavera e non va oltre gli 8 giorni nei mesi estivi. Aggiungiamo qualche altro numero:
per le città del nord si passa da una media di 26, 27 giorni di nebbia in inverno, ai circa 17 dell'autunno, fino ai 6,7 della primavera ed ai circa 2 giorni e mezzo dell'estate.
per le città al centro si registrano rispettivamente 15, 9, 6
per le città del sud i giorni sono circa 5, 3, 3 e sotto l'unità nella stagione estiva.
A questo occorre aggiungere che esistono differenze sostanziali fra le varie stagioni non solo in termine di presenza, ma anche di qualità della nebbia. Infatti alla classe "giorni di nebbia" vengono assegnati tutti i giorni in cui in un momento della giornata, più o meno prolungato, la visibilità si è ridotta al di sotto del chilometro. Quindi lo stesso trattamento viene riservato sia ad un giorno della stagione fredda in cui la nebbia non si sia dissolta del tutto anche in pieno giorno, sia ad una fugace apparizione in una notte estiva più fresca del solito.
Piuttosto scontata la ragione di questa disparità fra le varie stagioni dell'anno: la quasi totalità delle nebbie sono da raffreddamento per cui è ovvio che si concentrino nella stagione fredda, dall'autunno all'inizio della primavera, quando le temperature notturne scendono sufficientemente in basso da favorire la condensazione del vapore acqueo nei pressi del suolo. Il motivo per cui la primavera è meno nebbiosa dell'autunno è con ogni probabilità riconducibile al fatto che la stagione primaverile è più secca di quella autunnale in quanto le piogge sono meno frequenti e meno abbondanti.
Le aree geografiche dove le nebbie sono meno frequenti sono le regioni meridionali con Calabria e Sicilia in testa dove le temperature miti tutto l'anno e la morfologia del territorio permettono alla nebbia di fare capolino solo di rado. Lo stesso non si può dire di alcune zone della Campania, della Puglia e della Sardegna e poi di gran parte del centro Italia dove sulle zone pianeggianti, soprattutto nelle valli interne, il fenomeno nebbia è decisamente più presente. Ne sono esempio la città di Foggia con una media di 14 giorni di nebbia in inverno, 9 in autunno e 7 in primavera e Frosinone che nello stesso ordine conta 30, 22 e 12 giorni e che nel 1990 ha fatto registrare fino a 51 giorni di nebbia, un valore comparabile a molte città del Nord Italia.
E veniamo quindi al Nord o meglio alla più vasta valle italiana, la Pianura Padano-Veneta. Se si esclude il settore più orientale, ossia le zone pianeggianti più secche e ventilate del Friuli Venezia Giulia, i consuntivi di fine d'anno contano mediamente 50 giorni di nebbia all'anno con punte anche di 100, 110 giorni all'anno. Dalle configurazioni della frequenza si nota in modo evidente come la maggior presenza di nebbie nei mesi freddi si registra lungo l'asse longitudinale della valle con picchi più evidenti fra il Piemonte (Vercellese, Novarese ed Alessandrino) e la Pianura Lombarda. Comunque tutte le zone limitrofe al fiume Po, dal torinese fino al ferrarese ed al Polesine, contano una media di almeno 60, 70 giorni di nebbia all'anno. E' questa infatti la parte più bassa della valle caratterizzata da una ventilazione molto scarsa dove l'aria fredda che scivola dalle alture circostanti crea inversioni termiche consistenti, spesse e quindi anche persistenti. I 40, 60 giorni che si registrano lungo i litorali dell'Adriatico, tra il Veneto ed il nord delle Marche, sono da addebitare alle nebbie da avvezione, che affluiscono dal mare sospinte da umidi venti di Scirocco. Chiudiamo questo commento sulla geografia italiana della nebbia citando due città settentrionali che potrebbero far parte della categoria estremo sud:
sono Genova e Trieste che in media a fine anno contano rispettivamente 1 e 4 giorni di nebbia. Qui è veramente un'eccezione grazie alle temperature miti anche in inverno ed alla ventilazione che costantemente supera quella soglia che impedisce la formazione della nebbia.
Confrontiamo ora il quadro appena delineato sulla frequenza delle nebbie con la realtà fornita dai dati del ventennio precedente, gli anni 60 e 70, per capire se la sensazione diffusa che le nebbie non sono più quelle di una volta ha un qualche fondamento. Concentriamoci in particolare su alcune città del centro nord dove la maggior presenza delle nebbie permette di apprezzare meglio le differenze.
I numeri dicono che le nebbie si sono ridotte del 27% a Torino, del 28% a Piacenza e Brescia, del 30% a Venezia, del 32% a Vicenza e Bologna, del 42% a Roma, del 44% a Milano Linate, del 50% a Pescara e Firenze, del 53% ad Ancona ed addirittura del 69% a Bolzano. In controtendenza Malpensa ed Udine che hanno guadagnato 6-7 punti percentuali ma, a parte questi ultimi due casi, il calo dei giorni di nebbia è evidente e considerevole.
Ma come spiegare queste riduzioni?
Dal momento che la maggior parte delle nebbie italiane sono da raffreddamento è bene rivolgere lo sguardo alle temperature e riprendere quanto evidenziato nella sezione a loro dedicata dove si è concluso che le temperature minime notturne in inverno ed autunno sono salite in media rispetto al ventennio precedente di 0,8°C al Nord e di 0,5°C al centro. E' allora credibile che con notti mediamente più calde il raffreddamento notturno risulti spesso non sufficiente per far condensare il vapore acqueo nelle minuscole goccioline di nebbia.
Anche la temperatura media delle acque superficiali del Mediterraneo è in fase di crescita per cui è plausibile che le nebbie d'avvezione che si formano sul mare per scorrimento di aria tiepida ed umida, trovando una superficie marina più calda, siano meno frequenti.
Un'altra concausa credibile in questo andamento verso il basso dei giorni nebbiosi è la drastica riduzione negli ultimi 30 anni del contenuto di zolfo nei combustibili utilizzati per i trasporti ed il riscaldamento. Si è così abbattuta del 90% l'immissione nell'aria del biossido di zolfo che è proprio uno di quei tanti componenti del pulviscolo atmosferico i cui composti costituiscono i nuclei di condensazione attorno ai quali si aggrega il vapore acqueo.[/size]
Caligine: visibilità superiore ai 10 chilometri
Foschia: visibilità compresa fra 1 e 10 chilometri.
Nebbia spessa: visibilità fino a 200 metri.
Nebbia fitta: visibilità fino compresa fra 30 e 50 metri.
Nebbia densa: visibilità inferiore a 30 metri.
Se si torna ai concetti introdotti nella sezione riguardante la pioggia a proposito delle nubi, appare subito una stretta analogia: nubi e nebbie sono entrambe il risultato della condensazione del vapore acqueo presente nell'aria. Se infatti non si va ad indagare nel dettaglio sulle modalità attraverso le quali avviene questa condensazione, una nebbia si distingue da una nube solo per il semplice fatto che la sua base coincide con il suolo. La nebbia, proprio perchè ha la sua sede naturale vicino al suolo, modifica profondamente l'habitat dell'uomo assumendo connotati soprattutto negativi; se si escludono il ruolo di musa ispiratrice, insito nel suo nascondere le forme e lasciar così spazio alla fantasia umana e la più pratica capacità di mantenere leggermente più umidi i terreni durante prolungati periodi di siccità invernale, non rimangono che i problemi legati alla viabilità sia terrestre che aerei. Anche l'agricoltura può essere influenzata negativamente dalla nebbia, che schermando il suolo, riduce considerevolmente l'apporto di calore del sole alle colture, sia perchè l'eccessiva umidità può favorire l'insorgere di patologie nelle piante, in particolare nel periodo primaverile quando nascono e crescono i nuovi germogli.
La nebbia influenza in modo diretto anche il benessere fisiologico dell'uomo. Infatti in un ambiente molto umido e con temperature al di sotto dei 2-3 gradi centigradi, situazione molto frequente in un giorno nebbioso, l'organismo umano avverte un disagio, detto da freddo umido, che aumenta la sensazione assoluta di freddo. Questa sensazione, associata anche alla scarsa luminosità di un giorno di nebbia, è fonte anche di un maggior dispendio di energia in termini di riscaldamento e consumo di elettricità. Ultimo, ma non per importanza, è il connubio fra la nebbia e l'inquinamento. Non per nulla la parola smog deriva dall'inglese smoke (fumo) e fog (nebbia). Sono infatti più di uno i motivi per cui nebbia ed inquinamento vanno spesso a braccetto. Innanzitutto come vedremo meglio in seguito, le condizioni atmosferiche favorevoli per la formazione della nebbia prevedono che l'aria vicina al suolo sia statica, stagnante e quindi ideale per un progressivo accumulo degli inquinanti che non si disperdono e non si diluiscono, ma si concentrano vicino alla loro fonte, spesso e volentieri quindi in coincidenza dei centri urbani. Le particelle inquinanti aumentano inoltre la durata e la frequenza delle nebbie perchè costituiscono il sopporto ideale per la condensazione del vapore acqueo in goccioline di nebbia. A sua volta la nebbia acuisce l'inquinamento: da un lato infatti le goccioline che galleggiano nell'aria incorporano gli inquinanti mantenendoli vicino al suolo, dove possono ridepositarsi sul terreno, sulla vegetazione, sulle case e su qualsiasi tipo di oggetto, dall'altro costituiscono l'ambiente ideale per le reazioni chimiche che trasformano le sostanze chimiche inglobate in prodotti particolarmente tossici e corrosivi per la loro acidità. Studi appropriati hanno evidenziato come l'acidità della nebbia sia anche 100 volte superiore a quella delle piogge acide, notoriamente responsabili in varie parti del mondo di svariati danni provocati a vegetazione e monumenti.
Come si forma la nebbia
Abbiamo già evidenziato come la nebbia non sia altro che una nube la cui base è nei pressi del suolo. Ne consegue che si possa formare solo quando l'aria in prossimità del suolo stesso diventa satura e da inizio alla condensazione. Questo può avvenire per due motivi:
1. Nebbia da evaporazione. Una massa d’aria riceve altro vapore acqueo derivante dall’evaporazione dell’acqua dai fiumi o laghi, oppure dalla parziale evaporazione delle gocce di pioggia in caduta. Quest’ultimo caso è tipico quando si hanno piogge insistenti portate da un intenso flusso di correnti sciroccali.
2. Nebbia da raffreddamento. Appartengono a questa categoria la maggior parte delle nebbie che ogni anno coprono i fondovalle, le zone interne e soprattutto la Pianura Padana. La nebbia da raffreddamento si forma perchè una massa d’aria umida si raffredda ed i motivi che portano al raffreddamento le dividono in:
[*]le nebbie da irraggiamento sono le più frequenti sulle zone pianeggianti o delle valli interne, ma non su quelle costiere. Sono prodotte dal raffreddamento notturno quando il terreno irraggia calore verso l'alto raffreddando uno strato d'aria via via crescente ad iniziare dal suolo. Questo processo è ovviamente favorito quando il cielo è sereno e la ventilazione molto scarsa e produce uno strato nebbioso di spessore in genere intorno ai 100-200 metri e difficilmente al di sopra dei 300 metri. Lo spessore aumenta quando un vento molto debole, comunque sotto ai 2-3 nodi, agevola con piccoli movimenti turbolenti la propagazione del raffreddamento dal suolo verso l'alto. Comunque l'inversione termica che si genera al suolo tende a rendere molto stabile lo strato d’aria sede della nebbia, per cui il vapore acqueo si concentra nello strato più basso e non diffonde verso l'alto con il risultato che la maggior parte delle nebbie non supera i 150 metri di spessore.
[*]le nebbie da avvezione si producono all'interno di masse di aria umida e relativamente calda che scorrono lentamente su una superficie o una massa di aria fredda. Le nebbie da avvezione non sono legate ad un particolare momento della giornata, si sviluppano sul mare quando una massa di aria calda ed umida scorre sulla superficie marina più fredda e durante il giorno, quando si attivano i venti di brezza, possono raggiungere la costa.
Alle nebbie da avvezione appartengono anche quelle formate da:
[*]aria calda marittima che invade durante le ore notturne la più fredda terraferma,
[*]aria fredda che dai pendii montani di notte scende e si accumula nel fondovalle
Le nebbie di pendio si formano lungo i versanti delle montagne quando aria umida dal fondovalle muove molto lentamente verso monte. Le nebbie di pendio sono difficilmente distinguibili dalle nubi ma vengono classificate come nebbie solo perchè la loro base è a contatto con il suolo. Si formano nel periodo estivo durante una fase di tempo stabile quando i moti delle masse d’aria sono governati dalle brezze. Durante il giorno l'aria calda e umida delle valli risale i pendii sospinta dalle brezze e, raggiunta la quota di saturazione, da luogo allo strato nebbioso.
Le nebbie possono poi distinguersi in nebbie calde o nebbie fredde, a seconda della temperatura dell'aria vicino al suolo. Quando la temperatura dell'aria nei pressi del suolo è sotto lo zero le goccioline sopraffuse coesistono a minuscoli cristalli di ghiaccio. Un segno evidente che distingue i due casi è la presenza sul terreno della rugiada o della brina. La rugiada infatti è costituita dalle goccioline d'acqua che in ambiente nebbioso condensano sul terreno e su ogni oggetto presente al suolo (a onor del vero la rugiada può formarsi anche in assenza di nebbia nelle notti fresche, serene e poco ventilate ma sicuramente non vi può essere nebbia senza rugiada). Se l'aria al suolo è ad una temperatura inferiore allo zero la rugiada lascia il posto alla brina formata da cristalli di ghiaccio. In presenza dello strato nebbioso la brina arriva a ricoprire perfino gli oggetti che si stagliano anche ad alcuni metri sopra il suolo e si parla in tal caso di galaverna.
Condizioni che favoriscono la formazione delle nebbie
Da quanto detto fino ad ora è quasi sott’intesa l'equazione:
[size=18]nebbia = aria umida al suolo + cielo sereno + scarsa ventilazione.
Questa ricetta, vera in particolare per le nebbie da irraggiamento, si riscontra nel periodo invernale con un'area di alta pressione che si insedi in maniera stabile per più giorni. Alle alte pressioni infatti sono generalmente associati venti modesti ed il vapore acque liberato dai fiumi, dai laghi e dalla vegetazione tende ad accumularsi, aumentando il tasso di umidità, anche senza un vero e proprio afflusso di aria umida. L'alta pressione è anche garante di bel tempo e di cielo sereno durante la notte, con il conseguente forte raffreddamento e la formazione di spesse inversioni termiche che stabilizzano ulteriormente gli strati bassi dell'atmosfera. Qualora poi l'alta pressione persista per parecchi giorni sulla medesima area, il riscaldamento per subsidenza crea in quota un'altra inversione termica, che in genere si salda con quella prodotta dall'irraggiamento notturno. Ne consegue un unica inversione termica stabilizzante dello spessore anche di 600-800 metri. Sono queste in genere le condizioni ideali per la formazione delle nebbie più dense e persistenti sulle pianure dove la nebbia non si dissolve nemmeno nelle ore diurne, soprattutto lungo i corsi d'acqua, dove l'aria fredda, scivolata dalle aree circostanti più elevate, tende a ristagnare.
Per le nebbie da avvezione è invece fondamentale il trasporto di aria umida su superfici più fredde, per cui la loro formazione è strettamente legata al tipo di circolazione. Un esempio per tutti: sul medio ed alto Adriatico la nebbia si forma quando aria umida e tiepida, sospinta da deboli venti di Scirocco, sale dal Mediterraneo meridionale all'Adriatico settentrionale, incontrando via via acque più fredde, con temperature più basse anche di 3-5 gradi centigradi. La nebbia invade anche i litorali, oppure può formarsi proprio in prossimità di essi, quando l'aria umida incontra la terraferma fredda. In conclusione la frequenza di queste nebbie segue da vicino la frequenza con cui spirano i venti propizi alla loro formazione.
La densità delle nebbie dipende dall'umidità assoluta dell'aria, ossia dal suo contenuto d'acqua, e dalla dimensione delle goccioline che la compongono. In particolare la visibilità si riduce all'aumentare dell'umidità ed al diminuire del diametro delle goccioline. In Pianura Padana circa la metà degli eventi di nebbia avvengono con riduzione della visibilità al di sotto dei 200 metri, quindi con un'evidente sproporzione verso il basso all'interno dei 1000 metri necessari per poter parlare di nebbia. Visibilità superiore ai 400-600 metri si ha in genere solo temporaneamente durante la formazione o soprattutto nella fase di dissolvimento della nebbia, processo questo che richiede anche qualche ora. Vale la pena a tal proposito notare come, soprattutto nelle nebbie da irraggiamento che persistono per qualche giorno, esista una sorta di evoluzione ciclica con la nebbia che si dissolve o si dirada solamente nelle ore centrali del giorno per poi intensificarsi nuovamente dopo il tramonto. E' infatti il calore portato dai raggi solari che regola questo andamento: dopo l'alba la parte di calore che riesce ad attraversare lo strato nebbioso permette un seppur limitato riscaldamento del suolo che si trasmette immediatamente all'aria soprastante con conseguente evaporazione delle goccioline di nebbia che comincia quindi ad attenuarsi dal basso verso l'alto così come dai bordi dell'area nebbiosa verso il suo centro. La visibilità quindi migliora gradualmente ma il cielo appare ugualmente coperto da una specie di nuvolosità bassa fino a che tutto lo strato nebbioso si sia dissolto. In genere al dissolvimento per evaporazione si accompagna anche un parziale sollevamento dovuto a deboli moti verticali che facilitano ulteriormente la scomparsa della nebbia.
Se lo strato nebbioso è sufficientemente denso può capitare che le ridotte ore di luce in inverno non siano sufficienti ad apportare il calore necessario a dissolverlo completamente. In tal caso, anche se la visibilità migliora durante il giorno, il cielo non si apre, rimane grigio e le temperature in prossimità del suolo rialzano di poco dai valori minimi del primo mattino. Anche l'arrivo, successivo alla formazione delle nebbie, di nubi più alte che oscurino il cielo può favorire la loro persistenza durante il giorno.
La nebbia in Italia.
Sicuramente potremmo definire il fenomeno nebbia "poco democratico" sia per come ripartisce la sua presenza durante l'anno sia per come si distribuisce geograficamente sulla penisola italiana. Anche da un rapido esame delle mappe stagionali relative ai giorni di nebbia, salta subito all'occhio come il fenomeno sia soprattutto autunnale ed invernale. Nella stagione primaverile la sua presenza si riduce di due terzi e nel periodo estivo si limita ad apparizioni saltuarie e fra l'altro molto localizzate. Lo testimonia infatti la scala che accompagna queste mappe che si spinge fino ai 45, 50 giorni per l'autunno e per l'inverno, ma si ferma ai 16 giorni in primavera e non va oltre gli 8 giorni nei mesi estivi. Aggiungiamo qualche altro numero:
per le città del nord si passa da una media di 26, 27 giorni di nebbia in inverno, ai circa 17 dell'autunno, fino ai 6,7 della primavera ed ai circa 2 giorni e mezzo dell'estate.
per le città al centro si registrano rispettivamente 15, 9, 6
per le città del sud i giorni sono circa 5, 3, 3 e sotto l'unità nella stagione estiva.
A questo occorre aggiungere che esistono differenze sostanziali fra le varie stagioni non solo in termine di presenza, ma anche di qualità della nebbia. Infatti alla classe "giorni di nebbia" vengono assegnati tutti i giorni in cui in un momento della giornata, più o meno prolungato, la visibilità si è ridotta al di sotto del chilometro. Quindi lo stesso trattamento viene riservato sia ad un giorno della stagione fredda in cui la nebbia non si sia dissolta del tutto anche in pieno giorno, sia ad una fugace apparizione in una notte estiva più fresca del solito.
Piuttosto scontata la ragione di questa disparità fra le varie stagioni dell'anno: la quasi totalità delle nebbie sono da raffreddamento per cui è ovvio che si concentrino nella stagione fredda, dall'autunno all'inizio della primavera, quando le temperature notturne scendono sufficientemente in basso da favorire la condensazione del vapore acqueo nei pressi del suolo. Il motivo per cui la primavera è meno nebbiosa dell'autunno è con ogni probabilità riconducibile al fatto che la stagione primaverile è più secca di quella autunnale in quanto le piogge sono meno frequenti e meno abbondanti.
Le aree geografiche dove le nebbie sono meno frequenti sono le regioni meridionali con Calabria e Sicilia in testa dove le temperature miti tutto l'anno e la morfologia del territorio permettono alla nebbia di fare capolino solo di rado. Lo stesso non si può dire di alcune zone della Campania, della Puglia e della Sardegna e poi di gran parte del centro Italia dove sulle zone pianeggianti, soprattutto nelle valli interne, il fenomeno nebbia è decisamente più presente. Ne sono esempio la città di Foggia con una media di 14 giorni di nebbia in inverno, 9 in autunno e 7 in primavera e Frosinone che nello stesso ordine conta 30, 22 e 12 giorni e che nel 1990 ha fatto registrare fino a 51 giorni di nebbia, un valore comparabile a molte città del Nord Italia.
E veniamo quindi al Nord o meglio alla più vasta valle italiana, la Pianura Padano-Veneta. Se si esclude il settore più orientale, ossia le zone pianeggianti più secche e ventilate del Friuli Venezia Giulia, i consuntivi di fine d'anno contano mediamente 50 giorni di nebbia all'anno con punte anche di 100, 110 giorni all'anno. Dalle configurazioni della frequenza si nota in modo evidente come la maggior presenza di nebbie nei mesi freddi si registra lungo l'asse longitudinale della valle con picchi più evidenti fra il Piemonte (Vercellese, Novarese ed Alessandrino) e la Pianura Lombarda. Comunque tutte le zone limitrofe al fiume Po, dal torinese fino al ferrarese ed al Polesine, contano una media di almeno 60, 70 giorni di nebbia all'anno. E' questa infatti la parte più bassa della valle caratterizzata da una ventilazione molto scarsa dove l'aria fredda che scivola dalle alture circostanti crea inversioni termiche consistenti, spesse e quindi anche persistenti. I 40, 60 giorni che si registrano lungo i litorali dell'Adriatico, tra il Veneto ed il nord delle Marche, sono da addebitare alle nebbie da avvezione, che affluiscono dal mare sospinte da umidi venti di Scirocco. Chiudiamo questo commento sulla geografia italiana della nebbia citando due città settentrionali che potrebbero far parte della categoria estremo sud:
sono Genova e Trieste che in media a fine anno contano rispettivamente 1 e 4 giorni di nebbia. Qui è veramente un'eccezione grazie alle temperature miti anche in inverno ed alla ventilazione che costantemente supera quella soglia che impedisce la formazione della nebbia.
Confrontiamo ora il quadro appena delineato sulla frequenza delle nebbie con la realtà fornita dai dati del ventennio precedente, gli anni 60 e 70, per capire se la sensazione diffusa che le nebbie non sono più quelle di una volta ha un qualche fondamento. Concentriamoci in particolare su alcune città del centro nord dove la maggior presenza delle nebbie permette di apprezzare meglio le differenze.
I numeri dicono che le nebbie si sono ridotte del 27% a Torino, del 28% a Piacenza e Brescia, del 30% a Venezia, del 32% a Vicenza e Bologna, del 42% a Roma, del 44% a Milano Linate, del 50% a Pescara e Firenze, del 53% ad Ancona ed addirittura del 69% a Bolzano. In controtendenza Malpensa ed Udine che hanno guadagnato 6-7 punti percentuali ma, a parte questi ultimi due casi, il calo dei giorni di nebbia è evidente e considerevole.
Ma come spiegare queste riduzioni?
Dal momento che la maggior parte delle nebbie italiane sono da raffreddamento è bene rivolgere lo sguardo alle temperature e riprendere quanto evidenziato nella sezione a loro dedicata dove si è concluso che le temperature minime notturne in inverno ed autunno sono salite in media rispetto al ventennio precedente di 0,8°C al Nord e di 0,5°C al centro. E' allora credibile che con notti mediamente più calde il raffreddamento notturno risulti spesso non sufficiente per far condensare il vapore acqueo nelle minuscole goccioline di nebbia.
Anche la temperatura media delle acque superficiali del Mediterraneo è in fase di crescita per cui è plausibile che le nebbie d'avvezione che si formano sul mare per scorrimento di aria tiepida ed umida, trovando una superficie marina più calda, siano meno frequenti.
Un'altra concausa credibile in questo andamento verso il basso dei giorni nebbiosi è la drastica riduzione negli ultimi 30 anni del contenuto di zolfo nei combustibili utilizzati per i trasporti ed il riscaldamento. Si è così abbattuta del 90% l'immissione nell'aria del biossido di zolfo che è proprio uno di quei tanti componenti del pulviscolo atmosferico i cui composti costituiscono i nuclei di condensazione attorno ai quali si aggrega il vapore acqueo.[/size]
- StefanoBs
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Re: Come si prevede la nebbia?
Bellissimo articolo !!
L'ultima spiegazione è sicuramente la più plausibile, non ci sono ragioni fisiche ulteriori per spiegare una tale riduzione dei giorni con nebbia..
L'ultima spiegazione è sicuramente la più plausibile, non ci sono ragioni fisiche ulteriori per spiegare una tale riduzione dei giorni con nebbia..
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Re: Come Si Prevede La Nebbia?
Uau! Appena ho tempo la leggo tutta! Grazie Rules per la segnalazione!